Chrètien de Troyes, la storia incredibile – manoscritti di suoi romanzi su pergamene utilizzate come copertine di atti giuridici

Quanti sguardi avevano sfiorato, fino a quella piovosa domenica, i digesti allineati sulla libreria del notaio Léon Boissonnet ad Annonay, cittadina dell’Ardèche, mentre le ultime volontà del de cuius, i termini temporali e materiali delle compravendite di beni immobili, di diritti di prelazione, di donazioni, di clausole onerose, di accettazione o rinuncia a eredità, scorrevano, letti ad alta voce agli aventi causa? Sguardi ansiosi, distratti, indifferenti, inconsapevoli, annoiati, febbricitanti, delusi. Non c’è risposta. Altrettanto, non sappiamo se l’attenzione del bibliofilo Paul Escoffier, cugino di Boissonnet, sia stata attratta dalle inusuali rilegature pergamenacee dei grossi tomi o durante una ricerca d’archivio, o per caso. Dettagli o quasi di un giorno straordinario del 1933: Chrétien de Troyes, “lo” scrittore della letteratura medievale francese, era tornato insieme ai gisants dei suoi cavalieri arturiani rialzatisi dai sacelli e dai cenotafi, riportati in vita dalle congiunzioni del tempo, dello spazio e del fato, nei fogli giallastri, scritti settecento anni prima con una penna d’oca. Apriti, Sesamo! Nella grotta del tesoro, databili tra la fine del Dodicesimo secolo e l’inizio del Tredicesimo, vi erano le tracce dei romanzi del chierico, forse araldo, nato in Champagne intorno al 1130, scomparso a fine secolo, padre della letteratura arturiana, “inventore del romanzo moderno”, secondo la BnF, Bibliothèque Nationale de France, che ha acquistato i manoscritti pochi mesi fa. Ovviamente, la stampa si è affrettata a precisarne il conquibus, che per spirito di bastian contrario, non riportiamo, differentemente dal contenuto: voilà gli estratti dai tre romanzi in versi Cliège ou la Fausse Morte, Yvain ou le Chevalier au lion e Perceval ou le Conte du Graal. Se non fosse una “cosa” seria, Dan Brown scriverebbe di un messaggio in codice, di una formula alchemica, della prova provata del complotto giudaico-massonico ordito dal fantasioso Ordine di Sion per impadronirsi del mondo. Ma qui non c’è trippa per gatti. È come se la nebbia si fosse alzata oltre le gargolle a guardia della cattedrale; la storia ha protetto sé stessa: “Darò inizio alla storia di cui si serberà memoria eterna”.

Il bibliofilo Escoffier chiese una perizia al medievista Albert Pauphilet (1884-1948), all’epoca docente universitario a Parigi di Letteratura francese medioevale, Légion d’Honneur, autore del primo tomo dell’Histoire de la Littérature française di Strowski e Moulinier.  Un’autorità. Pauphilet non dubitò né del contenuto in langue d’oil né sulla datazione, pressoché coeva all’esistenza in vita di Chrétien de Troyes. Restava e resta ignoto il tragitto nel tempo e nello spazio dei fogli, probabilmente “convertiti” a rilegature a metà Settecento, in buone condizioni, salvo qualche lacerazione e alcuni punti di consunzione. Il notaio non ricordava di aver acquistato i volumi, “dote” dello studio rilevato alla fine della Grande Guerra, mai consultati ab immemorabilis, di fatto arredamento a tema. Novant’anni dopo, con l’acquisto da parte della Bibliothèque, l’avventura dei manoscritti si ricompone dopo un restauro conservativo che si vorrebbe di buon auspicio (molto, di buon auspicio…) per il ritrovamento di una traduzione da Ovidio, Le mors de l’espaule, il romanzo Li rois Marc et Ysalt la Blonde, una Art daimer, citati gli ultimi due, in apertura di Cligès ou la Fausse Morte, il secondo romanzo  di Chrétien de Troyes, dopo Erec ed Enid, pubblicato intorno al 1176, trionfo dell’uomo che scaglia il cuore oltre l’ostacolo nel conseguimento della felicità, sullo sfondo sfarzoso della società cortese. Scritto in versi ottosillabici, Cligès è forse ispirato a un testo imprecisato conservato all’epoca alla biblioteca di Beauvais. Yvain ou le Chevalier au lion è un poema cavalleresco databile 1170, ascrivibile alla figura di san Mungo, santo della chiesa cattolica, anglicana e ortodossa, morto all’inizio del VII secolo, a cui sono attribuiti cinque miracoli avvenuti a Glasgow. Perceval ou le Conte du Graal, scritto tra il 1175 e il 1190, durante le Crociate, è la  prima opera in cui venga citata la coppa che avrebbe raccolto il sangue di Cristo sgorgato dalla ferita al costato provocata dall’asta di Longino. Nell’alveo del Tredicesimo secolo, Giuseppe o la storia del Graal e Merlino di Robert Boron, un secondo Perceval da un non attribuibile Perlesvaus e da Parzival di von Eschenbach, saranno la prolusione alla cristianizzazione-avocazione del romanzo cavalleresco alla fede, difesa con le armi fino alla spietata crociata “interna” contro l’eresia catara.

 Chrétien de Troyes è una pietra angolare nello sviluppo dell’ideologia cavalleresca e cortese. Di lui, si sa poco, al punto che, al di là di qualche nota biografica focalizzata ex post dalle sue opere databili con accettabile approssimazione, l’utilizzo del condizionale è consigliabile. Sarebbe dunque nato a Troyes come si evince da Erec et Enide.  Fondata dai romani, dove, nel 1129 fu ufficializzato lOrdre des Templiers , Troyes è la città natale di Urbano IV, che istituì la festa del Corpus Domini. Oggi è una cittadina, allora era un centro di prima rilevanza politica e religiosa. Tra il 1160 e il 1185, Chrétien sarebbe vissuto alla corte di Marie de Champagne, figlia di Luigi VII, sua mecenate. Quindi, fino alla morte (1191) alla corte di Filippo di Fiandra. Traduttore di Orazio e Virgilio, conoscitore delle leggende celtiche e della mitologia irlandese, dei lay cavallereschi bretoni in rima con ricorrenti contaminazioni del soprannaturale, dell’amor cortese, protagonista di primo livello della cultura del suo tempo, è stato definito “uomo del Rinascimento in anticipo di tre secoli sulla storia”, radicato nella cultura classica greca, fittone proteso allo sviluppo del modulo romanzesco, ambientato oltre Manica, intorno al conflitto tra i Sassoni, gli invasori, e i Celti. Ginevra, Enide, Lancillotto, Perceval-Parsifal, l’alterità onirica come quarta dimensione e concausa di crescita interiore nel succedersi dell’avventura. Personaggi che indossano l’eternità, mutatis mutandis, Arabe Fenici delle spopolanti letteratura e della cinematografia fantasy. Segnalo il notevole contributo di Andrea Fasso, Il sogno del cavaliere. Chrétien de Troyes e la regalità, con la collaborazione di Michela Salvini, edito nel 2003 da Carocci.